Gianni Rondolini
Roberto Rossellini
Utet, 2006; pag. 53-59
Nel luglio del 1941, prima ancora che La nave bianca fosse ultimata e successivamente presentata alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, una notizia d’agenzia già annunciava il secondo film di Rossellini:
«Un pilota ritorna» è il film d’aviazione che l’ACI sta preparando in questi giorni. Il soggetto è di Tito Silvio Mursino; la sceneggiatura di Rosario Leone, Massimo Mida e Michelangelo Antonioni; la regia è stata affidata a Roberto Rossellini. Il film è tra i nove di guerra approvati dal Ministero della Cultura Popolare.
Che cosa era successo? Al di là dei contrasti e delle polemiche sull’edizione definitiva della Nave bianca, Rossellini aveva abbandonato la Scalera Film per accostarsi a una nuova casa di produzione, appunto l’ACI (Anonima Cinematografica Italiana), nata nel dicembre del 1940, di cui era capo Vittorio Mussolini. Agli inizi del 1941 l’ACI rilevò l’Europa Film, dando vita a una nuova società, l’ACI-Europa Film, con Amministratore Unico il dotto Franco Riganti, che era anche Amministratore Delegato dell’ACI. Con Riganti che era stato suo compagno di scuola e con cui aveva condiviso l’avventura africana di Luciano Serra Pilota, e con Vittorio Mussolini, di cui era amico, Roberto Rossellini si trovava indubbiamente in buona compagnia. Era l’occasione, che probabilmente cercava dopo i compromessi della Nave bianca, di fare un film suo. Da qui nacque il progetto di Un pilota ritorna, che poteva contare sulla passione aviatoria di Mussolini, sull’appoggio del Centro Fotocinematografico del Ministero dell’Areonautica, di cui il capitano Vittorio Mussolini era l’organizzatore, e della rivista Cinema di cui il capitano Vittorio Mussolini era direttore. La persona che Mussolini chiamò a coordinare i rapporti fra la produzione, il Centro Fotocinematografico dell’Areonautica e la rivista Cinema fu Rosario Leone . . . che fu tra gli sceneggiatori di Un pilota ritorna e coordinò quel lavoro – al quale Rossellini partecipò saltuariamente, com’era suo solito quando si trattava di scrivere – insieme a Michelangelo Antonioni e a Massimo Mida (Puccini), che scrivevano su Cinema. E la rivista non mancò di seguire attentamente tutta la gestazione e la lavorazione del film con numerosi servizi anche fotografici.
Rosario Leone, si incaricò di mettere in contatto Rossellini con Antonioni e Mida. E quest’ultimo ricorda molto bene il lavoro di quei mesi con Roberto „che veniva solo ogni tanto, leggeve e correggeva”. Di questa labilità rosselliniana nel suo lavoro di sceneggiatore di Un pilota ritorna, abbiamo anche una testimonianza di Marcella De Marchis, [all’epoca moglie di Rossellini] la quale ricorda:
C’era una gran lotta con Vittorio [Mussolini], perché volevano andare sul sicuro con la sceneggiatura, mentre Roberto creava, improvvisava, e c’erano discussioni accanite perché non consegnavano la sceneggiatura bella finita ... Quando venne fuori «Un pilota ritorna», la sceneggiatura vera e propria non c’era ancora.
Il progetto del film si andò sviluppando nell’estate del 1941. Mentre il lavoro di sceneggiatura procedeva, sia pure a fatica, la casa di produzione bandi un concorso per la ricerca dei protagonisti maschili che si sarebbe chiuso il 1° settembre . . . Poiché il concorso non diede risultati soddisfacenti, l’ACI comunicò nel mese di ottobre, poco prima che iniziassero le riprese del film presso gli stabilimenti della S.A. Cinematografica Immobiliare Pisorno di Tirrenia, che la parte principale sarebbe stata affidata all’attore Massimo Girotti, al quale veniva affiancata la giovane Lili Denis, sorella dell’attrice Maria Denis, che avrebbe poi preso il nome d’arte di Michela Belmonte. Ciò significava, almeno parzialmente, una modificazione rispetto a quelli che probabilmente erano gli intenti di Rossellini: di utilizzare, come già in La nave bianca, attori non professionisti. In realtà si trattava, come sarebbe accaduto in molti altri suoi film, di mescolare attori professionisti e dilettanti nel tentativo di spogliare i primi del loro alone cinematografico e di dare ai secondi uno spessore drammatico inedito . . .
In ogni caso Girotti era un attore ancora da scoprire, gli altri, scelti attraverso il concorso, erano esordienti. Iniziate nell’ottobre, le riprese si svolsero „su un campo d’aviazione dell’Italia centrale”, cioè Viterbo, dove furono girati tanto gli esterni quanto gli interni, e a Tirrenia, per concludersi all’inizio del 1942. Un primo montaggio del film era già pronto alla fine di gennaio. A fine marzo, nel presentare il film ormai finito, Leone scriveva:
Dote principale del film è la verità: verità nel fiuto realmente accaduto, realtà di luoghi e di azioni. Le riprese sono state girate nei cicli di guerra; le azioni che accompagnano le scene sono vere, veri i combattimento che fanno le masse, i prigionieri inglesi e greci, dal vero sono state riprese le scene in volo che lo stesso Roberto Rossellini con i suoi validi aiuti è andato ad impressionare a 4000 metri di altezza.
Questo bisogno di verità, sbandierato ai quattro venti, rientrava nel programma di rinnovamento del cinema italiano che anche la rivista Cinema appoggiava, sia pure con diversi e non sempre concomitanti indirizzi critici e ideologici. De Santis, sempre dalle pagine di Cinema critica il carattere propagandistico del film, la debolezza di costruzione drammaturgica . . . , ma forse sfuggiva a De Santis . . . quelli che erano i caratteri peculiari della poetica di Rossellini, il suo rifuggire dalla drammaturgia tradizionale, il suo soffermarsi sui piccoli fatti, il suo bisogno di indugiare nell’«attesa», quello che già allora era il suo programma, più o meno cosciente ed elaborato, di semplicemente mostrare, anziché dimostrare . . . Non c’è in Un pilota ritorna, ovviamente, un discorso critico sulla guerra e sulle sue cause, ma non c’è neppure la sua esaltazione. Ci sono soltanto dei fatti e dei personaggi, sullo sfondo di una tragedia immane che non risparmia nessuno: è come se amici e nemici, italiani, greci e inglesi, fossero tutti pedine d’una tragica partita che si gioca sulle loro teste, sui loro destini. E, paradossalmente, il male, cioè la distruzione e la morte, è rappresentato dall’aereo tedesco che bombarda la popolazione civile.
Anche lo stile di Rossellini pare prosciugarsi, concedendo il meno possibile all’emozione epidermica, alla facile commozione. E nascono le grandi pagine dell’«attesa», i lunghi silenzi, le stasi narrative. Come appassionatamente diceva Renzo Rossellini, nella sua lettera aperta al fratello:
È nato un film che è per certo inconfondibilmente tuo, con quei lunghi silenzi, con quel ritmo grandioso fatto quasi di nulla, pieno di attoniti sguardi.
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